martedì 22 dicembre 2015

Delle lettere a Babbo Natale

É quasi Natale.
É un Natale strano.

Spesso mi vengono in mente delle banalità, altre volte delle cose serissime. Sono però sempre pensieri molto intensi, che mi lasciano frastornata e carica di malinconia.
(Credo che siano le feste, la casa buia quando torno dal lavoro, et varie.)

Ecco, questo vorrei chiedere qualcosa Babbo Natale.
E anche un altro paio di cosette.
Anzi, tanto che ci sono, la mia letterina (ritardataria), la metto qui, che se Babbo Natale si googla, magari la trova e mi ascolta.

Caro Babbo Natale,
sono Viola.
Quest'anno non sono stata sempre buona, ma la vita è stata parecchio stronza con me, quindi vedi di non fare troppo il ragioniere precisino e prova almeno ad ascoltarmi.

Non voglio grandi cose: di oggetti sono piena, di vestiti e scarpe pure (oddio, se ti dovessero avanzare un paio di Laboutin, cercherò di non fare la schizzinosa!), la casa con l'ascensore di Barbie non me l'hai portata quando avevo otto anni e ormai mi sono rassegnata, dell'iphone 6S non m'importa quindi cerca di esaudirmi.

Voglio sentirmi un po' meno triste, in queste feste e un po' meno malinconica.

Voglio un po' di pace: non dico di desiderare una vita piatta, ma un filino di serenità, se ti avanza, buttala pure che la prendo.

Voglio calore: non solo quello derivato dal riscaldamento (casalingo o globale), ma quello derivato dall'affetto. Quest'anno l'ho provato in qualche occasione, a volte in modo completamente inaspettato, a volte in maniera radicata. Ecco, di questo tipo di calore ne vorrei A VAGONATE.

Voglio sorridere di più, quindi vedi di darmi occasione per fare sorrisi veri e non di circostanza, che mi vedo insolitamente bella quando sorrido col cuore.

Voglio avere fede in me stessa, che spesso pecco di sfiducia nei miei stessi confronti, nonostante mi sia più volte dimostrata che non sono un'inetta qualunque, ma sono una che a modo suo ce la fa sempre. Ecco, vedi di farmelo tenere sempre a mente.

E poi sì, Babbino, ovviamente salute per me e per tutti quelli a cui voglio bene, ma quello credo che non ci sia nemmeno bisogno di dirlo.
Come vedi non sono stata di grandi pretese, quindi cerca di venirmi un po' incontro, io ti prometto che nel 2016 sarò bravissima.
V.


Come avevo preannunciato, non sono grandi cose.
E secondo me, un pochino me le merito pure.

mercoledì 7 ottobre 2015

Dell'autunno

Ero una gran lettrice.
Adesso leggo pochissimo: sento il mio lessico impoverirsi, perdo la confidenza con certe figure retoriche, quando scrivo, scivolo nella banalità.
Mi sono promessa di (ricominciare a) leggere: mettermi gli occhiali, circondarmi di cuscini e isolarmi con il kobo.
Quindi l'autunno è perfetto.

Credo che l'autunno serva solo per tagliarsi i capelli e per riposare.
Forse anche per tornare in palestra.

Penso a tutte le cose che mi rendono felice e che a breve ricomincerò a fare.
Fare le torte con lo yoghurt.
Indossare la vestaglia color panna.
Bere le tisane ai frutti rossi.
Fare la doccia bollente.
Indossare la camicia di jeans con la gonna da principessa.
Dormire.
Avvolgermi nelle pashmine.
Mangiare la verza con tantissimo pepe, quando sono sola, in piedi, appoggiata al muro.

Poi penso a tutte le cose che mi mancheranno dell'estate, che non avrò e mi renderanno infelice.
Il mojito.
Le spalle nude.
Nuotare, con il sole che riverbera sull'acqua.
Ballare all'aria aperta.
Stare fuori, morendo dal caldo.
Camminare scalza in giardino.
Farmi asciugare i capelli dal sole e dal vento.
Le giornate in piscina con le cugine, cantando le canzoni che passano alla radio.

Ultimamente, passo le giornate a sospirare per chi è lontano, a parlare fino a notte fonda e a (ri) vivere sentimenti che avevo dimenticato.
Non ricordavo com'era essere innamorata di una persona.
Non ricordavo com'era essere innamorata di una persona che vive lontano.
Non ricordavo com'era essere innamorata di una persona che vive lontano e che mi stravolge i pensieri e le giornate.
É bello sentirsi così, nelle mattine tiepide autunnali o nelle prime notti fresche.

L'autunno è un cuscinetto.
Serve a calmarsi, a capirsi e trovare serenità prima dei lunghi mesi invernali, prima del letargo e prima del cappotto rosso.
L'autunno è complice di una sana malinconia.

lunedì 21 settembre 2015

Dell'estate

Il primo fine settimana di giugno, andare al cinema a vedere *Youth* e commuoversi, il primo gelato dell'estate, il concerto dei Marlene Kuntz, la cena bella con le mie cugine quando la juve giocava la finale di Champions, tornare in piscina, la maratona di Jurassic Park, stare in fissa come i bambini la notte di Natale, Jurassic World, le ferie di giugno, la maglietta di Star Wars, il primo bagno in mare, *El mismo sol*, l'aperitivo sulla spiaggia e un tramonto bellissimo, la cena propiziatoria, andare in due in bicicletta sotto la pioggia, cantare, lo spritz, i week end in piscina, *Dillo con parole mie*, il concerto di Jovanotti per caso, il cuscino di Darth Fener, il caldo, l'afa, temptation island visto con le amiche, le cene vegetariane sul terrazzo, la presa della Bastiglia, i cocktail inventati e buonissimi, le serate like Izzie Stevens, le notti a dire cazzate fra amici di una vita, *L'estate addosso*, l'addio al nubilato, il viaggio in macchina, i vestiti lunghi, i dinosauri gonfiabili, nascondere la chiavi di un amico per scherzo e riderci per ore come una ragazzina, gli aperitivi infiniti, il concerto di Max Pezzali e Nek, *Piccole donne* la domenica sera, i mesaggi scemi e i mesaggi seri, Dylan Dog, *El perdòn*, le risate di un pomeriggio da Sephora, la cena con gli amici di mio fratello, la serata sdraiata su una balla di fieno con un'amica storica, il mojito, le bambine bellissime appena nate, aperitivi  improvvisati, trovare il famoso vestito lungo da matrimonio, il Traminer ghiacciato fumando sigarette, lavorare sempre, lavorare da sola, Ferragosto sotto la pioggia, la festa anni cinquanta, Maison du Monde, *#fuori c'è il sole*, il mare da adulta, i castelli di sabbia, stare in giro con un passeggino e sentirmi fuori contesto, la salsedine sui capelli, il biglietto aereo per New York, i pranzi sotto il sole, *Roma-Bangkok*, settembre e piove, fare il passaporto, un'altra cena propiziatoria, ballare finchè reggono le gambe, tornare a correre, la voglia di tagliare i capelli, i matrimoni, chi mi fa ridere, la dieta, i messaggi su whatsapp che mi fanno piangere dal ridere, la lonely planet, le giornate buone, le giornate cattive.

É stata un'estate impropria, un po' come fu l'estate del 2009.
É stata un'estate strana, ma bella.
É stata estate.

sabato 19 settembre 2015

Degli ultimi giorni

Ho trovato dove dormire a New York.
Domani ho un matrimonio (il secondo in una settimana).
Ieri ero in giro ed ero felice, anche se era tutto molto diverso rispetto ad una settimana fa.
Devo ancora fare il letto.
A Luisa voglio un sacco di bene (anche a Silvia!), perché possiamo ridere come due ragazzine ascoltando musica indie sedute per terra (e perché mi comprerà la maglietta di Jurassic Park).
Dopo mesi riascolto Vasco Brondi.
Addio fottiti ma aspettami.
Ho trovato il taglio di capelli da farmi.
New York continua ad essere la mia ancora di salvezza.

Le cose vanno.
Io vado.
Se mi dura questo mood, sono salva.

mercoledì 9 settembre 2015

Dei ripassi per New York

Per un attimo concentriamoci sui punti fondamentali del mio futuro: New York.
Che sono felice ed emozionata come una bambina la notte della vigilia di Natale l'ho già detto? E che conto le ore? E che non faccio altro che pensare a "quando sarò a New York farò/vedrò/visiterò/guarderò/fotograferò..."?
Insomma, sto in fissa come una sedicenne alla prima vacanza da sola con le amiche al campeggio "Le Rocchette" di Castiglione Della Pescaia (true story, ndV).

Per sbrogliare quest'ansia mista eccitazione, ho deciso di ripassare un po' le mie basi cognitive sulla Grande Mela: ecco tutto quello che sto rileggendo, rivedendo e riascoltando e che mi ha fatto amare follemente quell'isoletta affacciata sull'Hudson.

LIBRI:

Colazione da Tiffany (Truman Capote)
*Abitavo nella casa da circa una settimana quando notai che la casella dell'appartamento numero due era contrassegnata da un bigliettino perlomeno strano. Stampato con una certa eleganza formale, il biglietto diceva: Signorina Holiday Golightly, e sotto, in un angolo: in transito*

Toglietevi dalla testa Audrey e la Holly edulcorata del film, sto parlando di un capolavoro (a mio personale avviso) della letteratura americana del Novecento.
La "Colazione da Tiffany" degna di nota, ci presenta una Holly Golightly cinica e matta come un cavallo ma nonostante ciò adorabile. Ed è lei che ci porta da Tiffany, un posto che la fa sentire al sicuro da ogni sua paturnia, e che ci porta in quel delizioso ma caotico appartamento nell'Upper East Side. Ed è sempre lei che abbandona il suo gatto ad Harlem, senza però quel finale stucchevole della pellicola.
La sua New York, seppur nello splendore degli anni 50, ha molto della cupezza attuale.

Belli e dannati (Francis Scott Fitzgerald)
*Non faccio niente, perché non c'è niente che valga la pena di essere fatto.*

Il miglior romanzo dell'autore, migliore perfino del "Grande Gatsby" (sono opinioni insindacabili, ndV). Anthony e Gloria, nel loro essere squattrinati e bellissimi, nel loro amore fatto di alcol e violenza, ci trascinano nella splendida New York degli anni trenta, prima della guerra.
Non si può leggere Fitzgerald e non sognare di essere per quelle strade caotiche con lui, di non cenare insieme al 21 oppure non invidiare terribilmente il suo folle amore con Zelda (lasciamo poi perdere come è finita, ndV).
La New York di quelle pagine è forse la mia preferita, luccicante ma marcia, splendida e decadente, un ossimoro fatto di strade e palazzi.

American Psycho (Breat Easton Ellis)
*Non sono tempi per gli innocenti, questi.*

Gli yuppies, gli anni 80, le spalline imbottite, la cocaina, i locali migliori, Saks, l'alcol, Hell's Kitchen, il Dorsia: tutto questo trasuda dalle pagine di Easton Ellis. Il resto è la nota violenza e la tortura a cui sottopone ogni notte le sue vittime Patrick Bateman, il protagonista del romanzo.
Ho odiato -talvolta- quelle pagine, per la violenza cruda e gratuita, ma ho anche amato quella città fatta che rappresenta la quintessenza del sogno del secolo scorso, quello stile che ha fatto di noi nati negli anni 80 vittime di un sogno irrealizzabile.

Piccole donne crescono (Louisa May Alcott)
*Un anno di vita è sempre qualcosa di compiuto. Accadono spesso fatti negativi che mai si ripeteranno uguali.*

C'entra poco, lo so, ma avete presente il titolo del blog? Ecco, appunto.
Comunque Jo va a New York dopo aver litigato con Laurie ed è proprio là che conosce il professor Baehr. E nasce qualcosa fra loro, oltre che per le evidenti affinità artistiche, proprio per il brulicare delle strade di Manhattan.
E quando lui la porta a Broadway, a teatro?
Ecco, pensiamo davvero di poter passeggiare per Manhattan senza dedicare nemmeno un piccolo pensiero alla più amata delle sorelle March?
No, infatti.

FILM:

Il diavolo veste Prada
*Oh, non essere ridicola, Andrea! Tutti vogliono questa vita. Tutti vogliono essere noi*

Okay, è un film per donnette con il mito dell'alta moda, lo so. Ma non si può, non amare New York guardandolo! Sì, okay, i vestiti bellissimi, Miranda Prisley, Andy, il fidanzato fighissimo, le copie mai scritte di Harry Potter e tutte le Emily del mondo, ma vogliamo parlare della città sbrilluccicante e glamour?
E dei locali dove gli amici vanno a bere insieme? E della mostra organizzata dall'amica di Andy? E della casa di Miranda?
É perfetta, perchè non risulta nè pacchiana, nè esagerata, pur nel pressante sottofondo del cellulare che squilla.

C'è post@ per te
*Volevo tanto che fossi tu!*

AH! Una delle migliori commedie romantiche di sempre: Lui e Lei che si conoscono in chat e si adorano ma si odiano nella vita vera, fintanto che poi s'innamorano davvero.
Tutt'intorno New York: nei graziosi angoli dell'Upper West Side, nei cafè che sembrano quasi francesi, nelle bancarelle colorate, negli appartamenti che più newyorkesi non si può.
Possiamo davvero pensare di trovare una libreria a Manhattan e non sentirci un po' vittime del destino anche noi, romantiche ed ingenue come mai penseresti di una delle più grandi metropoli del mondo? No, appunto.

Wall Street
*Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? È il libero mercato!*

C'è questa storia della mia presunta laurea in scienze economiche ed aziendali (risate registrate), che mi ha portato a guardare il mondo della finanza americana con più curiosità che disgusto.
Wall Street ha fatto il suo corso: mi (ci) ha mostrato gli squali, gli yuppies, i colletti bianchi e i grandi investimenti, nel quartiere finanziario più famoso del mondo.
Quando si va a New York non si può prescindere da una capatina nel regno dei WASP, davanti al New York Stock Exchange, fosse solo per vedere se è ancora tutto uguale a come lo raccontava Gekko.

SERIE TV:

Sex and The City
*In questa città l'unica cosa peggiore di essere una trentenne single è essere una ventenne single.*

Ogni spiegazione è inutile: la City è la quinta ragazza, lo sanno tutti.
Bella, glamour, accogliente, romantica, spumeggiante è la perfetta spalla di Carrie, tant'è che lei decide di avere una relazione con la Città, ad un certo punto.
E vogliamo parlare di quando Carrie saluta Big, e Manhattan indossa tutti i più bei colori dell'autunno? E i pranzi a Central Park? E il matrimonio di Miranda e Steve nel giardino?
Niente da aggiungere, una delle New York migliori di sempre.

La Tata
*Mi chiamo Francesca e non sono sposata!*

Sì, okay era girata in studio, era un sitcom con quattro inquadrature fisse per gli esterni e di New York si vedeva praticamente nulla.
Ma si respirava. Perchè si producevano i musical di Broadway in quella casa, perchè zia Assunta stava nel Queens e si vedeva, perchè c'erano storie folli tipiche solo di Manhattan, perchè Francesca citava i posti più improbabili di continuo.
E poi, vabbè, perchè la Tata era una di noi, ora lo so.

Gossip Girl
*Sta a sentire, Socrate: quello a cui abbiamo diritto è un fondo fiduciario, forse una casa agli Hamptons o una bella malattia, ma la felicità non sembra essere contemplata.*

Upper East Side ed Upper West Side: la differenza ce l'ha insegnata la voce fuori campo di Gossip Girl.
E poi abbiamo imparato che ci si ritrova davanti al MET, che si gira in limousine, che le feste si organizzano al Plaza, che la settimana della moda è un evento imprescindibile e che si fa jogging a Central Park.
E che la vita fa schifo anche per quelli che sono ricchi e bellissimi.
Ma la loro Big Apple è bella, molto nuovo millennio (al contrario di SATC, ad esempio), molto decadente ma ancora affermata. E poi ci regala il lieto fine, e noi siamo vittime di storie a lieto fine!

CANZONI:

Take a Walk in the Wild Side (Lou Reed)
*New York city is the place where they said: Hey babe, take a walk on the wild side*

Il Village, gli anni Settanta, la Factory, l'eroina, l'arte, Sunday Morning, Andy Warrhol, Twiggy, il mondo che cambia e non torna indietro.
Cazzo, c'è così tanta New York in questo pezzo, così tanta storia contemporanea, così tante immagini diventate iconiche!
Nulla, questa è da ascoltare quando si cammina a Soho o al Village o a Chelsea, come tributo in movimento a tutto quello che deriva da quelle stesse strade e a tutta quell'arte che ha mutato tutto.

Con un deca (883)
*Resta la soluzione divi del rock, molliamo tutto e ce ne andiamo a New York*

Erano i primi anni novanta, io ero una bambina e gli 883 li ascoltavo anche se non capivo un granchè.
Ma che Max Pezzali avesse la fissa degli Stati Uniti, l'avevo capito pure io.
Ecco io 'sta canzone la canto da quando ho comprato il biglietto aereo: ogni volta che mi prende lo scazzo o la tristezza, me la canticchio e ritrovo un attimo di stabilità.
Sì Max, molliamo tutto e andiamocene!

Hey There Delilah (Plain White)
*Yes, you do Times Square can't shine as bright as you I swear, it's true*

Pezzo che adoro, nonostante la banalità.
Cita Times Square, all'inizio, e allora io me la immagino sempre questa ragazzina che brilla più di tutte le luci del mondo e lui che è così innamorato da doverglielo cantare.
Giuro che la metto nell'ipod, prima di partire, per poterla canticchiare sotto le stesse luci.
É la mia New York romantica, quella che forse si vede meno ma si può sentire comunque.

New York City Boy (Pet Shop Boys)
*You're a New York City boy So young, so run into New York City*

Lo so, è una canzone di merda, ma io ricordo che l'ascoltavo sempre, subito dopo esserci stata con i miei.
Quindi per me è una New York molto spensierata, un New York che va a ballare e vive (cosa che vorrei fare, andare a ballare là, sotto lo sguardo vigile del Top Of The Rock e dell'Empire).
Non dice un granchè, lo so da sola, ma a me piace davvero nel suo essere assolutamente frivola, perchè non è che sia sempre tutto tragedia e melodramma.
Secondo me va ascoltata ad Hell's Kitchen, non so perchè ma m'ispira così.



...Insomma, qui di materiale da studiare, ce n'è veramente tanto!


mercoledì 2 settembre 2015

Degli autunni a New York

Di questa estate senza mare, di questi mesi in cui tutti vanno in ferie tranne me, di questo caldo serpente che m'ha portato ad aver nostalgia del cappello di lana con i pon pon e del pellicciotto like Caterina di Russia e delle tante serate sceme che ho passato in giro, ci sarebbe da raccontare.

Ma c'è una cosa di cui voglio parlare (e ne parlerò tanto: prima, dopo e durante!), di cui sono davvero molto felice ed entusiasta.
Vado a New York.

La mia prima (ed unica) volta nella grande mela è stata nel 1998: avevo quattordici anni, i capelli cortissimi e viaggiavo con mamma - babbo - fratello.
Al rientro, mentre l'aereo decollava dalla più sconfinata metropoli che abbia mai visto, giurai a me stessa che sarei tornata, che l'avrei vista di nuovo, che io e Miss Liberty avevamo ancora qualcosa da dirci.

E poi sono trascorsi diciassette anni: hanno girato sei stagioni (e due film orribili) di Sex And The City, sono crollate le torri (su cui salii, all'epoca), è crollata la borsa di Wall Street, hanno ricostruito Ground Zero, hanno prodotto Gossip Girl e hanno girato innumerevoli film senza che io potessi mai tornare.

Quest'anno, complici le ferie strane di una delle mie migliori amiche e i post entusiastici di Laura, la voglia di attraversare l'Atlantico è tornata, prepotente.
Si è poi aggiunta una mega offerta sui biglietti aerei.
E infine, le meravigliose stanze a disposizione su Airbnb hanno chiuso il cerchio.

Senza rendermene bene conto ho cliccato su "acquista" e mi sono ritrovata due biglietti aereo a/r intestati a me e alla mia amica, per ottobre.
Sarà un Autumn in New York.
Sarà una vera estate indiana.
Sarà come volevo che fosse nel secolo scorso.
Sarà come Carrie e Serena insieme.
Sarà un desiderio che si realizza.

Quindi sì, ne parlerò di questo viaggio a NYC, ne parlerò parecchio: di cosa farò per prepararmi, di cosa farò là, di cosa visitare, di dove andare a mangiare, del dubbio se sia meglio il New York Pass o il City Pass, delle canzoni da mettere nella playlist per il volo e di tutta una serie di cose che al momento mi sfuggono.

Ma già adesso, quando guardo i biglietti nel cassetto e le ricevute per ritirare il passaporto, sento il cuore in gola.

lunedì 24 agosto 2015

Del mare

Mare.

Mare da adulta con due bambine e con la loro mamma.

Mare che è sempre mare, con la sua (mia) malinconia.

Mare con la crema solare, il doposole e i castelli, che erano vent'anni che non rifacevo un castello di sabbia.

Mare con i discorsi sul come eravamo, come siamo e cosa saremo.

Mare tanto diverso dall'ultima volta qui, ma sempre uguale nei suoi negozi altolocati e locali di tendenza.

Mare mai azzurro, mai limpido, mai bello ma sempre pieno di gente.

Mare con i ragazzini vicini di ombrellone che raccontano della sbronza della sera prima.

Mare con le signore di Milano con i capelli perfetti, i costumi perfetti, le borse perfette e i mariti assenti.

Mare con i cornetti per colazione mangiati in giardino.

Mare per salutare un'estate senza vacanze ma con lo spirito di chi è in vacanza da sempre.

Mare.

martedì 4 agosto 2015

Dei pensieri -estivi- sparsi

Agosto.
Di nuovo.

Probabilmente, siamo l'unico posto di lavoro in Italia che lavora a pieno regime per tutto il mese.
Io mi prendo comunque delle licenze poetiche sull'abbigliamento formale: oggi ho la t-shirt di Star Wars, anche se con i tacchi e la giacca.

Comunque ho voglia di ferie e sono intollerante: invoco il silenzio tombale almeno quattro volte al giorno, in ufficio.
Nonostante ciò, continuo ad andare stoicamente in palestra all'ora di pranzo: siamo rimasti solo in cinque idioti a fare addominali con 40 gradi all'ombra.

In compenso, io e il mojito siamo davvero molto amici, soprattutto la sera, soprattutto al tramonto, soprattutto quando ho le spalle nude e i capelli appuntati alla cazzo.

Vado sempre a letto troppo tardi, perchè la notte ci sono le repliche di Grey's Anatomy in televisione e Izzie Stevens ancora non è malata di tumore -e io Izzie Stevens la amo- e allora le prime 5 serie le guardo di continuo, in loop.
Ogni mattina mi alzo che sembro un cadavere e mi prometto di andare a dormire presto la sera, cosa che poi non faccio mai e non so nemmeno il perchè.

Ho imparato a controllare da sola il livello dell'olio e del liquido del radiatore della macchina e questo mi fa sentire estremamente soddisfatta ed emancipata.
Come quando guido in autostrada (cosa che fino a sei mesi fa non avevo mai fatto) con gli occhiali da sole e la testa piegata di lato, che sento che ce la posso ancora fare e mi sento estremamente libera e padrona del mio destino.

Ho ricomprato Dylan Dog.
Erano forse anni che non compravo Dylan Dog, che dopo l'accoppiata 241 (Xabaras) -242 (Nel nome del padre) per me aveva toccato il fondo.
Ho ritrovato citazioni che avevo dimenticato ed è stato come un lungo flash back nei primi anni della mia adolescenza, quando i miei mi dicevano che doveva smetterla di leggere quella roba violenta ed io -incurante- continuavo a frequentare Craven Road 7.

Cerco il vestito perfetto per i due matrimoni che mi attendono a settembre.
Sebbene quest'anno (che serviva a me, as usual!) la Zitella non c'abbia regalato il solito post *Cazzo mi metto -summer wedding*, ho le idee abbastanza chiare su cosa voglio (lungo, punto vita segnato, scollo a cuore, possibilmente blu) ma non su dove trovarlo.
Ogni settimana rimando la ricerca, con il risultato che alla fine non troverò mai il perfetto abito (in saldo) e mi toccherà prenderlo a prezzo pieno.

Fa troppo caldo per cucinare di giorno.
Il più delle volte cucino la sera tardi per il giorno dopo o per il prossimo inverno: a piedi nudi, i Pink Floyd in sottofondo e con un bicchiere in una mano e il mestolo nell'altra, preparo la conserva di pomodoro o le verdure o la marmellata, o qualunque altra cosa che possa riportarmi al gusto dell'estate, quando arriveranno i mesi freddi e grigi.

Per essere giornate velate di caldo e afa, sono inspiegabilmente traboccanti di stimoli.

sabato 11 luglio 2015

Dell'estate (la protezione 0 spalmata sopra il cuore)

L'estate con i suoi singoli che poi diventano tormentoni e poi, a settembre, non li tolleri più manco per sbaglio.

L'estate con il caldo che non ti fa dormire la notte e alle tre ti affacci alla finestra per cercare di respirare un po' e poi la mattina in ufficio sei uno zombie.

L'estate con i suoi concerti: migliaia di foto uguali con visi diversi, tutti ad urlare le stesse canzoni come se fossero scritte solo per noi.

L'estate con i suoi week end al mare, la sabbia dentro i sandali, la pelle che sa di crema solare, i capelli ingestibili che tanto domani saranno solo peggio, le cene a base di pesce e falanghina ghiacciata.

L'estate con le sue repliche televisive, i telegiornali che parlano del troppo caldo  (ma quest'anno la Grecia li ha messi in crisi) e le interviste davanti ai negozi il primo giorno di saldi, come se la vita fosse cristallizzata per tre mesi.

L'estate con i suoi tramonti da social network, belli solo se instagrammabili,  vissuti come se fossero uno spettacolo gratuito, ogni sera, nonostante le zanzare tigre.

L'estate.
Nonostante tutto, io la amo più che mai.

martedì 23 giugno 2015

Delle ferie

Sono stata in ferie, dopo più di un anno, senza dover fare nulla.
Rettifico: non lo so quanto tempo fosse che non prendevo dei giorni di ferie che non fossero funzionali a qualcosa.

Era davvero tanto tempo che non mi dedicavo a me per giorni interi.

Quindi di questa settimana di cazzeggio, annovero:

- mettermi in pari con la roba da stirare (non succedeva dall'anno scorso, tipo!);
- vedere l'amica girovaga, sentire le sue storie e sviluppare un'immensa voglia di andare in giro anche io;
- andare da Momo;
- riprendere i discorsi di un mese e mezzo fa;
- visitare una città bellissima e comprare un maglietta figa di Star Wars;
- mangiare i macarons;
- scoprire che non so camminare sugli scogli;
- fare il primo bagno in mare dell'anno;
- partecipare ad un bellissimo aperitivo sulla spiaggia, godendomi un tramonto spettacolare;
- stare con Momo;
- cantare con la stessa in macchina, come se di anni ne avessimo ancora 19;
- tornare a casa, fare colazione in un bar e stare seduta al tavolino per un sacco di tempo, senza sentirmi in imbarazzo;
- vedere Il Padrino per la prima volta;
- cenare con tutte le amiche scout e svariate bottiglie di vino;
- andare a ballare tutte insieme come quando eravamo piccole;
- mangiare, con le stesse, un pezzo di pizza alle quattro del mattino;
- andare in due in bicicletta sotto la pioggia;
- tornare a casa che è giorno e scoprire di non avere più il fisico.

Vorrei averne di più, di settimane così.

venerdì 29 maggio 2015

Della Color Run, della pioggia, delle amiche

Vorrei parlare di Color Run.
Vorrei davvero parlare di come sono stata bene, delle risate, di come tutto sia più facile se indossi un tutù viola e il tuo corpo (e la macchina fotografica di Filippo e l’auto dello stesso e il pavimento del bagno e qualunque cosa che abbia toccato, ndV) è letteralmente cosparso di brillantini iridescenti.


Vorrei descrivervi la sensazione di camminare per 5 chilometri con il prato bagnato e le nuvole di colore che ti si appiccicano addosso, che prima sei rossa, poi gialla e arancione (effetto epatite), poi meravigliosamente rosa fuxia da vera Barbie Girl, dopo blu come una Puffetta qualunque e infine cosparsa di glitter metallizzati che si vedevano da lontano.

Vorrei essere brava a rendere la sensazione di come sia ritrovare il proprio viso dopo la doccia, ridere, ascoltare musica che mette bene, spararsi prima i selfie e poi le polaroid, sentire il profumo della crema sul corpo come se fosse estate, rilassarsi in macchina, mentre canticchi e parli di 20 argomenti contemporaneamente.

Vorrei raccontarvi di come è bello cenare insieme, mangiare di ogni prelibatezza, bere vino, sorridere un po’ brilla, fare foto da mettere su instagram, parlare di tutta la popolazione virtuale come se fossero ex compagni di scuola (quindi male, con acidità et cattiveria!), sentire lo stomaco pieno, le gambe stanche, la testa lenta ma piena di buon’umore.

Vorrei farvi capire come è stato bello rotolarsi nel letto di Luisa, con la tisana buona e la tazza fighissima di Sheldon, farsi i video su snapchat, sentirsi come in gita scolastica, continuare a parlare sempre di tutto, sentire che la stanchezza sale sempre più e gli occhi cominciano a non reggere le troppe emozioni del giorno e finalmente dormire di un sonno pieno e senza sogni (forse il miglior regalo che potessi ricevere).

Vorrei potervi raccontare della luce pazzesca per i selfie nel terrazzo di Luisa e Filippo e delle colazioni belle in posti ancor più belli, scelti in quanto “molto instagrammabili”, ritrovandosi a colazione come se quella fosse la regola. Di come ci venga spontaneo chiedere la password del wifi prima del caffè e poi mangiare i dolcetti buoni in piatti bellissimi, che quasi ti spiace romperli con la forchetta.

Vorrei potervi mostrare la bellezza delle passeggiate a Santo Spirito, su Ponte Vecchio e poi in Piazza della Signoria, senza meta, come se uno fosse in vacanza davvero. Vorrei potervi far assaggiare il vino buono che abbiamo bevuto a pranzo, le polpette fritte che abbiamo mangiato e poi ancora il caffè signorile di Gilli, in mezzo a cento sorrisi.


Vorrei farvi stare dentro i negozi con noi: le mie amiche che cercano senza tregua e io che mi trascino su ogni divanetto disponibile, ridere e dare giudizi, toccare ogni abito indecise se comprarli tutti o nessuno, cercare una perfetta maglietta bianca che non esiste e scoprire che la cerchiamo tutte e tutte senza alcun risultato. E poi uscire con borse bellissime, come se fossimo in un film, sempre più stanche ma ancora con gli stessi sorrisi.


Vorrei che poteste sentire la tristezza degli abbracci davanti a Santa Maria Novella, quando ormai è giunta l’ora di salutarsi e di promettersi di rifarlo presto, ma tanto sappiamo già che non è mai tanto presto quanto vogliamo noi. E allora dirsi *ciao* con la voce rotta, con le gambe che ormai si tengono su a fatica, con la schiena che fa male in ogni dove, ma con la costante sensazione che se fosse sempre così, sarebbe davvero una figata pazzesca.


lunedì 13 aprile 2015

Deh (ablativo di argomento - traslato)

Dopo anni di rimandi, di impegni vari, di scarse capacità organizzative e ricchi coitillon simili, sabato mattina sono finalmente andata a nella patria adottiva di una delle mie migliori amiche.

Livorno è un po' un altro mondo rispetto al resto della Toscana: non c'è il rinascimento dietro ogni angolo, non ci sono le tombe etrusche, non c'è la fiorentina, non c'è quell'aria un po' snob di chi è stato la culla dell'italiano e non ci sono nemmeno tutte le dolci colline piene di girasoli che piacciono tanto ai turisti.
A Livorno c'è il porto, i parcheggi alla cazzomannaggia, le friggitorie, le sedi storiche del PCI, l'Accademia navale, un sacco di pavimenti a scacchiera, tanta gente in giro anche alle quattro del mattino e *boia deh* in ogni bocca.

E poi a Livorno, chevelodicoaffare, c'è la mia amica dottore che è la compagna di praticamente tutta una vita.
Quando ci vediamo, ogni singola volta, penso a quanto mi manca nella quotidianità e a quanto sia stata fortunata ad avere lei (e anche l'altra del trio storico) vicina ogni giorno, per anni.

Delle mie ore livornesi porto a casa, oltre alla vicinanza con questa amica speciale, la splendida sensazione di stanchezza da troppa vita e il sole che mi picchia in faccia, mentre psicanalizzo sconosciutie bevendo la spuma, come i vecchietti di paese.
In realtà, mi porto dietro anche le chiacchiere calme passeggiando per negozi, la giacca color corallo che cercavo da mesi, l'aperitivo vegano, Enrique Iglesias, il fritto più buono del mondo, lo spritz, ballare nei bar, ballare per strada, sentirsi come dentro ad una festa, ballare in discoteca, i caffè sulle terrazze assolate, giocare con il cane, il libro di Paolo Nori, il vino buonissimo, la mia anima contabile, ballare come se non ci fosse domani, dormire poco, ridere troppo.

Livorno è una città caotica e colorata, come possono esserlo solo le città di porto.
E io, come ormai è noto, amo le cose caotiche e colorate, soprattutto in questo momento.

Perchè città come Livorno hanno il merito di tirare fuori una me stessa che sembra un po' in gita scolastica.
E quando trovo posti che tirano fuori questi nuovi lati di me, che mi piacciono di più di quelli che vivo ogni giorno, mi sento sempre molto euforica. Forse perché mi ricordano che non è ancora tutto perduto e che posso davvero essere leggera.

Quindi mi sa che a Livorno ci torno, ecco.

lunedì 23 marzo 2015

Andiamo a vedere Le Luci Della Centrale Elettrica!

Premessa:
Questa non solo è la pseudo cronaca sentimentale del concerto de Le Luci Della Centrale Elettrica, di sabato scorso, ma è anche una sorta di lettera aperta a Vasco Brondi.
È tutto scritto solo su di un piano emozionale, non c’è critica musicale (perché come ho già detto, non ne sono capace), non c’è voglia di giudicare con aria altezzosa, c’è solo un (brutto) tentativo di spiegare come (e perchè) questa musica mi piaccia così tanto.

E se gli alberghi appena costruiti
coprono i tramonti,
tu non preoccuparti,
tu non preoccuparti
(Le Ragazze Kamikaze_Per ora noi la chiameremo felicità)

Questa frase la canto urlo spessissimo quando esco dal lavoro, mentre guido e mi trovo incolonnata sul cavalcavia: solitamente c’è il sole che tramonta e la zona industriale che lo copre.
Non saranno alberghi, ma tant’è che rende comunque bene l’idea.
E io, cerco sempre di non preoccuparmi, ma non sempre mi riesce così bene.

Ed è con questo spirito, con questa vuota spensieratezza, che sabato sono andata  a vedere (ancora? Sì, ancora e comunque non abbastanza!) Le Luci Della Centrale Elettrica.
Rivederti, caro Vasco Brondi, era d’obbligo.
Urlare, una necessità.
Sentirmi come stessi “ballando sotto i bombardamenti” (cit.), un’urgenza.

Ho trascinato Luisa con me (il che dimostra che l’amicizia fra donne esiste, in quanto lei non ti aveva praticamente mai ascoltato), ho comprato i biglietti e sono venuta dalla sperduta provincia toscana, come una ragazzina o forse come una che si crede una ragazzina, ma non lo è più.
 

Fino a trent'anni avevi gli occhi verdi,
adesso sono ancora più belli.
Adesso che hai conquistato l'Inghilterra
e una piccola parte di te stessa
e niente dipende dall'allineamento dei pianeti
(Macbeth nella nebbia_Costellazioni)

Hai aperto con questa, il secondo pezzo dell’album nuovo, forse uno di quelli che ho dovuto ascoltare più volte per capire se mi piaceva davvero oppure no.
Quello che mi ha sempre convinto poco è l’arrangiamento: non così cupo, ma nemmeno così frivolo, ibrido direi, con quella voce fuori campo che mi fa salire le lacrime.
Ecco, suonata dal vivo, elettronica ed irriconoscibile, ballabile, folle, quasi spaziale è stata un’intro perfetta, che dava un’idea chiara di questo Firmamento Tour, di come fosse diverso, di come potesse davvero risultare una festa, ma non mesta (semi cit.).

Faremo dei rave sull'Enterprise,
farò rifare l'asfalto
per quando tornerai.
(Per combattere l'acne_Canzoni da spiaggia deturpata)

Mi è sempre piaciuta tanto quest’immagine, mi sa di quella follia scema dei vent’anni infarcita da immagini pseudo fantascientifiche di fine anni settanta. E poi, a ruota, uno dei versi più romantici che tu abbia mai cantato, una frase molto tenera travestita da banalità.

Quando intoni Per Combattere L’Acne, le ragazzine minorenni intorno a me hanno tutti gli occhi a cuore, ma secondo me capiscono meno di un terzo di quello che dice la canzone: una addirittura urla “siamo l’esercito del surf”, il che la dice lunga.
Io urlo, non ci provo nemmeno a cantare, urlo strozzata perché ci sono una miriade di sensazioni che mi prendono al petto come fossero pugnali volanti.




Cos'è la giovinezza in fondo cosa doveva essere
oltre a questa tremenda corsa in Ciao 
sotto la pioggia 
al vento verso casa di qualcuno. 
(40 Km_Costellazioni)

Non credevo che la suonassi questa, almeno non così solo con la chitarra, quasi a scazzo, come se fossimo fra amici sul lungomare deserto in una notte di fine estate.
E invece l’hai fatta.
Ed è ancora meglio che nell’album.

Ci sono evocazioni epiche, immagini dolceamare, la sensazione di lasciarsi indietro dei pezzi –irrimediabilmente- , una sorta di dolcissima malinconia. Forse è per questo che mi piace così tanto questo brano, forse ultimamente è il mio preferito di Costellazioni.

Con me non devi essere niente.
[…]
Addio fottiti, ma aspettami.
(Piromani_Canzoni da spiaggia deturpata)

Piromani è il mio pezzo preferito dei tuoi, in assoluto. Non lo era, all’inizio, ma poi lo è diventato.
Ci sono un sacco di parole, in Piromani, tantissime, alcune delle quali particolarmente desuete ma molto musicali.
È servito del tempo per tutte quelle parole: dovevo capirle, impararle, farle un po’ mie. Ma in mezzo a quel fiume in piena c’è sempre stata, chiara e limpida, una delle frasi più belle di sempre , dolcissima ma non banale o scontata. Addio fottiti ma aspettami..
E poi c’è quel trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città, che chiunque è cresciuto in provincia la sente cucita addosso, come un’ombra.

Quando l’hai attaccata, sabato sera, urlavi come un pazzo, non si capivano le parole, ma non c’è un altro modo di farla, se non con quella rabbia lì, con quei graffi e quella forma. Ogni volta che canti Piromani, ogni singola volta, mi chiedo dove tu la nasconda tutta quell’energia, che sei uno scricchiolino e non me lo so mica spiegare come tu faccia a urlare e saltare in quel modo.



E luna di Milano dimmi tu
Parlami di tutti i miei amici
Dei nostri sogni assurdi
Che si sono avverati
(Questo Scontro Tranquillo_Costellazioni)

Tutti quelli che ti danno del coglione, Vasco, oppure che dicono che sai solo mettere parole a caso in fila seguendo un vago concetto di metrica, mi sembra evidente che non abbiano mai ascoltato bene quello che scrivi. In Questo Scontro Tranquillo, uno dei pezzi più positivi di Costellazioni (e dei più ballabili, soprattutto dopo l’altra sera) citi indirettamente Leopardi, addirittura. E quindi direi che no, non sono parole a caso.

E vedere come abbiamo ballato tutti, saltato, cantato e come sorridevamo è l’evidenza empirica che arriveremo tutti felici da fare schifo a liberare tutti i pianti trattenuti di qualcuno. E sarà bellissimo e allegro, proprio come dici tu.

E sempre come un amuleto
tengo i tuoi occhi
nella tasca interna del giubbotto 
(Quando tornerai dall’estero_Per ora noi la chiameremo felicità)

Con questa canzone ti ho incontrato, anni fa, questa è la canzone di un’estate lontanissima. È così delicata e rude insieme, tremendamente romantica senza essere stucchevole, che mi commuove.

E' solo un momento di crisi di passaggio,
che io e il mondo stiamo attraversando
E' solo un momento di crisi di passaggio 
che io e il mondo stiamo superando 
(I destini generali_Costellazioni)

I Destini Generali sono un pezzo maestoso: non c’è una parola migliore che mi venga in mente per descriverlo. Il coro iniziale (che dal vivo è meno imponente ma comunque calzante), le immagini evocate, le parole scandite e urlate ma non gridate e l’ottimismo che c’è dentro (sì, è maledettamente positivo. Positivo come poche altre canzoni in generale!) sono un inno a farcela, carico come pochi altri.
Quante volte, Vasco, tornando a casa, l’ho cantato forte per farmi coraggio, per non abbandonarmi, per credere che potevamo farcela io, te e il mondo.




Vedrai che scopriremo
delle altre Americhe io e te,
che licenzieranno
altra gente dal call center,
che ci fregano sempre,
che ci fregano sempre
(Cara catastrofe_Per ora noi la chiameremo felicità)

Avere trent’anni ed essere in palla con un cantautore sembra a tutti molto strano.
Avere trent’anni ed essere in palla con un cantautore sconosciuto alle grandi masse radiofoniche è forse socialmente poco accettabile.

Ma io sabato ero molto felice di ascoltarti, di ballarti e di rivederti ancora: tu sei riuscito a non farmici pensare troppo, a farmi divertire e farmi ridere, lasciandomi solo la genuina sensazione sottopelle di felicità e soddisfazione.

Sono un insieme di violenze e di speranze,
sono un rumore di scontri e di feste, 
di scontri e di feste

(La terra, l’Emilia, la Luna_Costellazioni)

Sarà che sono per metà emiliana, sarà che amo l’Emilia più di quanto ami la mia Toscana, sarà che citi il monumento dei cuori strappati appena fuori Cracovia, sarà che ho scattato una foto intitolandola su twitter “La Terra il Sole l’Emilia” e tu c’hai messo una stellina, sarà che l’idea di essere un rumore di scontri e di feste mi sembra bellissimo, ma  questo è il pezzo che dal vivo risulta forse il più coinvolgente.

Canti fermo, Vasco, chiudi gli occhi e sembri un poeta d’altri tempi, mentre le solite ragazzine minorenni non vedono altro che la giovane rockstar.

Ma in quel momento, per un momento solo, anche io nei miei trent’anni e nel mio disincanto, ti vedo come un eroe tragico.

Mentre parecchi facevano l'università
E alcuni si impiccavano in garage
Lasciando come ultime volontà le poesie di Vian 

(Fare i Camerieri_Canzoni da spiaggia deturpata)

Sarà che ci sono eventi successi negli anni in cui io facevo l’università che mi ricordano questa canzone, sarà che gli Stati Uniti bombardavano l’Iraq in quegli anni lì, ma io questo pezzo così rumoroso e violento, lo sento tanto dentro.

Ma non lo sento come un qualcosa di piacevole, ma piuttosto come un pugno allo stomaco.
Anche quando canti, anche mentre tutti ballano, io continuo a sentire quel pugno (un Ovosodo, avrebbe detto Virzì 15 anni fa) e mi chiedo qual è la storia di quella canzone, se la tua assomigli alla mia.

Forse si trattava di dimenticare tutto
come in un dopoguerra
e di mettersi a ballare fuori dai bar 
come ha visto in certi posti della Ex-Jugoslavia
(Le ragazze stanno bene_Costellazioni)
Non potevi non farla, Vasco, lo sapevamo tutti.
È bellissimo vederci tutti così rapiti da questo amore così poco convenzionale, invocare i nomi di Sara e Chiara e sperare –insieme- che stiano davvero così bene.

Stiamo cercando di farlo tutti: dimenticare e mettersi a ballare. Mi piace questo pezzo, mi piace per la sua leggerezza:tanto lo sappiamo che non c’è alternativa al futuro, l’abbiamo sempre saputo, solo che adesso abbiamo finalmente fatto pace con l’idea.


C’è stato molto altro, in quella balera spaziale (so che apprezzerai questo modo di dire), sabato sera: pezzi nuovi come Firmamento hanno trascinato tutti, pezzi vecchi riarrangiati che sembravano inediti, cover  che sono risultate quasi meglio degli originali, molta luce, molta musica, poco dormire e molto ridere.

È stato bellissimo, Vasco, ma non solo: è stato emozionante vederti divertire, è stato tenero quando hai abbracciato Giorgio Canali, è stato commovente vedere tutti quei ragazzini che sapevano i testi a memoria (ma la mia gelosia nei tuoi confronti è la stessa di quest'estate), è stato veramente uno spettacolo stellare.

Mi mancherai nei prossimi anni, già lo so.


(Ovviamente le foto sono quelle che ho fatto io con l'iPhone, in caso vi venisse il dubbio!)



giovedì 15 gennaio 2015

Extension for dummies

Parliamo di cose serie, di cose di estrema importanza, di robe che hanno un valore incommensurabile per noi donne.

Parliamo di capelli, croce e delizia di ogni donzella che si rispetti. Chi li ha biondi li vorrebbe mori, chi  li ha lisci li vorrebbe ricci (e viceversa), chi ne ha tanti ne vorrebbe meno, chi li ha crespi vorrebbe poter portare un caschetto ma tutte queste cose le sapete già e le sperimentate ogni giorno, lo so. Non esiste donna che si senta soddisfatta della sua capigliatura, manco fossimo tutte Sansone.

Ma soprattutto, non esiste donna che almeno una volta nella vita non abbia desiderato una chioma luuuunghiiiisssssiiiiiimaaaa e fluente, stile Barbie Frisè.

Ebbene, a proposito di questo, voglio fare outing.
Io non ho i capelli lunghi.
Io ho le extension.
Ma soprattutto, io amo profondamente le mie extension.

Di conseguenza, vorrei fare un po’ di chiarezza, sfatare i falsi miti e spiegare bene come funziona il tutto.

(Tratto da una storia vera.)

Partiamo dall’antefatto.Io ho i capelli più crespi che mossi: boccolosi e morbidi sotto, modello cugino IT sopra. Tali capelli (che da oltre dieci anni vengono sottoposti a piastra) stanno anche diventando molto bianchi (soprattutto sulle tempie e sopra, sulla divisa), di conseguenza vengono tinti alla radice dal… boh, mi pare di ricordare dal 2009.

Li tagliai, sotto l’egida di Santa Katie Holmes madrina dei capelli perfetti e dei matrimoni d’interesse, ottenendo un cortissimo caschetto nel dicembre del 2010, dopo oltre un biennio di capello medio lungo. Il taglio era molto carino, ma anche molto ingestibile per chi –come me- non è una liscia naturale.


Da allora, negli ultimi quattro anni, ho cercato di farli allungare, peccato che –usando la piastra pressoché quotidie- le punte si spezzino/sdoppino/sfibrino di continuo rendendo necessaria una spuntatina trimestrale.


Quest’estate sono giunta alla massima lunghezza ottenibile, seppur con delle doppie punte così grandi che, ogni volta che li spazzolavo trovavo mezzo toupe di Moira Orfei per terra.


A settembre (come le nonne insegnano) ho tagliato via tutta quell’ecatombe di capelli sfiniti.
A ottobre li guardavo con tristezza.
A novembre ero quasi convinta a prendere degli integratori per farli crescere.
A dicembre sono stata convinta a provare le fate madrine di ogni desiderio capillare, altresì dette extension.

Io ho messo quelle a base di cheratina (cioè applicate con una colla speciale –cheratina- ai propri capelli, a piccolissime ciocche), non solo perché garantiscono un effetto molto naturale, ma anche perché si i capelli si possono raccogliere e legare senza alcun problema e –soprattutto!- senza che si vedano le attaccature posticce.
È bene però specificare che ne esistono di qualunque tipo (cucite, intrecciate, mobili), adatte a esigenze diverse dalle mie o a capelli con caratteristiche dissimili.

Per applicare le extension occorrono i seguenti ingredienti:
- Un/a parrucchiere/a bravo/a et capace;
- Almeno centinaio di euro (variabile in base alla lunghezza di partenza dei capelli);
- Molta pazienza;
- Sopportazione per le prime dodici ore. 

Essenziale è trovare un professionista che conosca il lavoro. Ripeto, essenziale.
L'operazione non è semplicissima, sia intermini di effetto finale che di salute del capello, quindi bisogna andare da chi sa farlo e sa farlo bene.
Costano, è vero, ma basta farle una volta per capire che il prezzo non è fatto solo dalla materia prima, ma anche da una sacrosanta professionalità.
Quindi no improvvisati, no ciarlatani, no poca spesa tanta resa.
Il parrucchiere capace è l'elemento essenziale per una riuscita di livello.

La mia situazione di partenza era medio lunga (io la definirei media, ma la mia parrucchiera sostiene che la lunghezza media è un'altra cosa!) e, avendo moltissimi capelli e decisamente grossi, volevo solo allungare, quindi  me la sono cavata con 35 ciocche (che non sono tante).
Queste 35 ciocche sono di vari colori (castani scuro, castano chiaro, biondo miele), in quanto i capelli (anche se mai colorati, figurarsi i miei che hanno il bayalage!) non sono uniformi, quindi è importante "mischiare" per evitare l'effetto "coda di topo" attaccata dietro. 

I capelli devono essere prima lavati (solo con lo shampo!) e asciugati ad cazzum, senza alcun prodotto, senza nessuno styling: devono essere come natura vuole. Io sembravo uno dei cugini di campagna, per la cronaca.

Dopodichè, con molta pazienza, si applicano le ciocche, solitamente a metà testa/sotto (credo che in gergo tecnico si definisca "corona"): con un robo -che somiglia ad una pistola di colla a caldo- si scioglie la cheratina che è nell'estremità della ciocca e si fa aderire all'attaccatura dei propri capelli.

Non è doloroso.
Non è fastidioso.
É solo noioso.

Finita l'operazione, inizia il deliro di onnipotenza: dato che le extension sono lunghe e  non sono ancora tagliate, ci si ritrova con i capelli che arrivano alla vita e ci si sente come Raperozolo, anzi MEGLIO di Raperonzolo!
Sono momenti in cui non ti capaciti, tocchi quei capelli bellissimi (perchè sono bellissimi, morbidi e lisci come mai nella vita!) e lunghissimi e cominci a sentirti meglio di Federica Panicucci ai tempi del Festivalbar, più bella di Lady Lovely e dei suoi scoiattolini colorati, più invincibile dei codini di Sailor Moon, più forte di Jo prima che vendesse la treccia per il padre malato.

Superato il picco di endorfine dovute alla chioma fluente sempre sognata, bisogna tagliare e creare un effetto che non faccia accorgere dell'inganno.
Solitamente si fa un taglio scalato, leggermente più corto davanti e più lungo dietro.Veder cadere quei centimetri appena messi è uno strappo al cuore, lo ammetto, ma non dobbiamo scordare che il nostro obiettivo non è diventare sosia di Alains Morisette-1996-version.

Una volta tagliato, si da una piega degna e d'un tratto quel desiderio mai realizzato di capelli che superano abbondantemente la metà schiena (il limite, lo sappiamo tutte!, è l'elastico del reggiseno), è divenuto realtà.

Personalmente, ammetto di aver passato le prime sei ore ad accarezzarmi le lunghezze, con un'espressione tra la beatitudine spirituale, la felicità che precede l'overdose e il terrore di perdere qualche ciocca.
L'effetto è stato questo:


La sopportazione entra in gioco durante la prima notte.
Infatti le "palline di cheratina", una volta appoggiata la testa al cuscino, si sentono: la sensazione è quella di avere delle forcine in testa. Ora, a me non hanno dato fastidio in quanto mi capita di dormire con i bigodini (true story), però se siete di quelle che avvertono anche un ciglio caduto potrebbe essere antipatico.
La sensazione rimane per le prime ventiquattr'ore ed è estremamente personale, ripeto però che per me non è stato affatto strano o fastidioso.

Man mano che sono passati i giorni, l'euforia ha lasciato il posto alla paura: paura di non essere in grado di lavarsi capelli senza fare scempio del lavoro e paura di avere una matassa informe sopra (i miei capelli) e seta purissima sotto (le extension).

In realtà entrambe si sono rivelate infondate. I capelli con le extension si lavano esattamente come i capelli senza: molta acqua + shampoo (x2) + balsamo / maschera + molta acqua. L'unica accortezza da avere è non lavare i capelli a testa in giù, nel lavandino (ma credo che siano dieci anni che non mi capita).
Una volta tamponati si pettinano normalmente, nessuna menata particolare.
Certo, bisogna spazzolare con grazia, ma non è che prima mi accanissi con la spazzola contro il mio cuoio capelluto.
L'asciugatura, invece, regala delle soddisfazioni enormi: si può fare alle lunghezze qualunque cosa (liscio piombato, boccoli, beach waves) e loro non solo reggono la piega, ma la reggono bene.
Dopo il primo lavaggio l'effetto è risultato ancor più naturale, in quanto le ciocche applicate si fondono perfettamente con i capelli, prendendo i pregi e i difetti (non so come sia possibile, ma giuro, che se li tocco io non riconosco il vero dal finto!): le mie - ad esempio- sentono l'umidità e sono leggermente mosse esattamente come i miei capelli naturali.

La conferma della naturalezza del lavoro me l'hanno data dei colleghi che, nei giorni successivi, mi hanno detto *ma quanto ti sono cresciuti i capelli in questo periodo?*, facendomi poi gongolare per ore.

Insomma, io ne sono più che soddisfatta e mi rimangio tutte le male parole spese, negli anni passati, nei confronti delle santissime extension.

Certo, un difetto ce l'hanno anche loro: non durano per sempre (ma circa cinque mesi, si può arrivare fino a sei-sette nei casi migliori).
Ecco, io a pensare di separarmene già sono in lutto.

martedì 6 gennaio 2015

Delle cose belle dell'anno nuovo e di quello vecchio.

Le feste sono finite, va sfatto l'albero (nuoooooo), comincia la dieta, ci s'iscrive in palestra, si mettono via i maglioni con le renne, si comprano decine di magliette a righe ai saldi per la primavera (true story), ci si preoccupa per la terribile situazione lavorativa (really), si comincia a pensare a Sanremo e via dicendo.
Però io -che a questo periodo sono inspiegabilmente sopravvissuta- voglio fare l'elenco delle cose belle che sono successe durante questo Natale:
- Ho sfoggiato il maglione rosso con le renne,
- Ho ricevuto in regalo il montgomery rosso che volevo, anche se fa molto cappuccetto rosso,
- Sono stata a ballare due volte con le mie amiche e mi sono divertita tanto,
- Ho bevuto il Martini di nuovo ed è ancora il mio liquore preferito,
- Ho visto Luisa e consorte il 26 dicembre e la stessa sera ho conosciuto Martino che è divertente anche nella vita vera,
- Ho fatto cene con le amiche e ho riso molto,
- Sono stata a vedere il musical de La Bella E La Bestia per capodanno,
- Ho conosciuto Laura che è davvero una persona meravigliosa e brillante e ho festeggiato con lei San Silvestro,
- Ho fermato un taxi con un cenno come Carrie Bradshaw e mi sono sentita la reginetta della City,
- Ho assistito ad una proposta di matrimonio molto scenica - molto americana - molto dolce, alla fine del musical, che mi ha fatto prima piangere poi bere dalla disperazione,
- Ho fatto merenda con una collega e mi sono sentita rilassata con una tazza di tè in una mano e i biscotti nell'altra,
- Sono stata con i cuginetti e mi si è scatenato l'istinto materno, nonostante il karaoke di Violetta,
- Ho preso treni e viaggiato in macchina e mi è piaciuto sentirmi in movimento,
- Ho preparato una cena vegetariana con grande successo,
- Ho pianto, ma avrei potuto disperarmi quindi va bene così.

Quindi no, queste feste non sono state il colpo di grazia e io continuo con quest'inutile ottimismo.