mercoledì 19 giugno 2013

Maturità t'avessi preso... dopo!

Non ho mai avuto gli incubi sulla maturità, né prima, né durante, né dopo.

Non avevo paura, ero emozionata quello sì.

Dieci anni fa, oggi, anch’io entravo in quel liceo che nell’atrio ha un’inquietante scultura ai caduti per la patria, che portava ancora l’epigrafe “Liceo Regio”, che aveva fatto da sfondo alla soddisfazione di compiti riusciti e alla delusione per storie finite e che quel giorno sarebbe stato la scenografia della mia (nostra) maturità.
Mi ricordo però che era caldo, tanto: fu l’estate più calda dal 1878.

Il nostro preside si era raccomandato di presentarsi vestiti decenti (disse esattamente così: ragazzi presentatevi in abiti decenti), io avevo la camicia azzurra, la gonna a tubo di jeans blu scura (really?), la catena al collo (residuo del mio periodo finto punk, ma ormai un portafortuna assoluto) e i sabot rossi, orribili, dell’adidas.
In braccio, lo Zingarelli.
Sulle spalle lo zaino con dentro due replay nere (odiavo il bianchetto, io scrivevo con la penna cancellabile, come alle elementari), le sigarette, una bottiglia d’acqua, la pizza sfoglia comprata da mia mamma (che era molto più agitata di me e passò la notte insonne, al contrario mio), il lettore cd con la compilation chiamata -in una botta di creatività- “Maturità t’avessi preso prima”, l’Aulin e il diario, che non si sa mai che ci sia bisogno.
Mica lo sapevamo che aveva ragione Venditti, che era l’alba del giorno dopo.

Non avevo paura, ero curiosa di vedere come mi sarebbe sembrata la scuola quel giorno, quello sì.

La mia classe era nel corridoio davanti all’aula magna, nel punto in cui la scuola diventava un bunker e non prendevano né la radio, né il cellulare.
Il cellulare depositato all’ingresso in piena onestà, Piero il bidello che fumava le Nazionali senza filtro che dava la pacca sulla spalla a tutti e diceva “in bocca al lupo”, come se fossimo tutti figli suoi.

Non avevo paura, ero convinta che il tema di letteratura mi avrebbe salvata, quello sì.

Le risatine in attesa che i carabinieri portassero il plico, le voci dell’ultimo minuto, “faccio il tema di letteratura, solo se non è Pirandello”.
(Ovviamente era Pirandello.)
La Laura seduta davanti a me, la Stefania e la Sara di fianco, in formazione da guerra. Il quartetto compatto, quelle che scambiavano per sorelle anche se non ci somigliano in niente.

Non avevo paura, ero sotto pressione quello sì.

Poi, con i fogli in mano e leggendo “Prima Prova - Sessione Ordinaria 2003”, mi rendevo conto d’un tratto che era tutto reale, che stava succedendo veramente  e che io, arrivata in quelle aule poco più che bambina senza seno e con i capelli cortissimi, ero una (quasi) donna e stavo davvero affrontando l’esame di stato.

Non avevo paura, avevo voglia di fare al meglio, di spaccare tutto, quello sì.

Passai la prima ora a leggere tutte le tracce minuziosamente (non credo di aver mai letto così lentamente) e le successive quattro a scrivere. Per la prima volta in vita mia scrissi prima la brutta copia, poi la “bella”.
Ogni tanto ci si scambiava qualche parola con le altre, che durante il tema non c’è mica da copiare e pure i professori erano rilassati. Ci fu sicuramente anche qualche battuta, anche se non le ricordo più.
Il mio tema  era quello sulla carenza d’acqua nel mondo: cosa si può scrivere a riguardo che non sia ancora detto? (Le altre possibilità erano peggiori, vi dico solo che c’era il tema su “La Famiglia”. Sì, all’esame di stato il tema sulla famiglia. Competenza a mille al ministero, eh?!)
Non scrissi troppo banalità, e un paio di riflessioni le reputavo anche discrete.

Non avevo paura, ero insicura della qualità del mio scritto, quello sì.

Consegnandolo, mi sentivo svuotata, di colpo come se fossero passati 5 giorni, invece che 5 ore (no, non ho sfruttato le 6 ore a disposizione, mi faceva caldo e soprattutto avevo fame!).

Ma non avevo paura.

Oggi, puntuale come un orologio svizzero, una delle mie più care amiche mi scrive un messaggio, spersa in un isolotto in mezzo al mediterraneo “E comunque sono dieci anni dalla maturità”.
Riprendo la compilation di allora e nell’ordine ascolto Notte prima degli esami, La dura legge del gol, Nothing else matters e Redemption Song che sono la combo perfetta per una crisi di  paranoia senza eguali.
Le rispondo con “la matematica non sarà mai il mio mestiere”, che mi sarebbe piaciuto fosse vero.

Paradossalmente ho molta più paura oggi.