lunedì 16 aprile 2012

“Questa nave non può affondare!” “È fatta di ferro, signore. Le assicuro che può affondare.”*

1998, Gennaio.

La piccola Viola non ha ancora 14 anni, frequenta la terza media, ha i capelli molto corti, non ha mai dato un bacio vero, ascolta i BackStreet Boys ed ha un appuntamento con altre due compagne di scuola davanti al cinema alle ore 15.
(Diversi anni fa, una tredicenne che usciva non aveva la libertà di una tredicenne moderna. Quindi andava al cinema alle 15, con tutta la digestione in corso, ndV.)Paga il biglietto (che con la riduzione “studenti” costava circa cinquemila lire o giù di lì), prende una Coca Cola e si mette a sedere in galleria, senza avere un posto ben definito che, quindici anni fa, al cinema ti mettevi a sedere dove volevi.
Viola guarda il film senza mai commentare, cosa che faceva sempre anche all’epoca.
Si ritrova a sognare un amore così.
Si ritrova innamorata di un giovane attore imberbe.
Si ritrova a piangere per gli ultimi quaranta minuti di film.
Si riaccendono le luci in sala.
Viola è stordita, non sa bene cosa sia successo, ma sa che niente sarà più lo stesso: è iniziata l’era "Titanic".

Nei mesi successivi, Viola scoprirà l’adolescenza regressiva: tappezzerà la sua stanza dei poster di Leonardo Di Caprio, farà le prove di bacio con i poster stessi, imparerà a memoria per la prima volta il testo (e la traduzione) di una canzone in inglese (questa), si farà una cultura sul Titanic che nemmeno Cameron in persona, tornerà al cinema altre due volte (commuovendosi sempre), MTV diventerà il suo appuntamento fisso (perché il video della canzone di cui sopra, passa circa 30 volte il dì) e giurerà (credendoci davvero, ndV) amore eterno a Leonardo Di Caprio.

Passano i mesi, gli anni, Viola cresce, s’appassiona ad altro, ma quell’amore così adolescenziale resta.
Non potrà mai evitare di vedere quel film, ogni volta che lo daranno in tv (che, insieme a Via Col Vento e Pretty Woman, è il film che ha segnato la sua educazione sentimentale).

2012, Marzo

Bivaccando sul divano, tre settimane fa, scopro che c'è chi non ha mai visto Titanic.
Al mio “MA DAVVEROOO?!” con gli occhi sgranati, mi si replica con un freddino “mattipare che sono stato al cinema a vedere Titanic?!”.
Detta a me, questa frase, ha lo stesso sapore di una BESTEMMIA.
D’un tratto, l’illuminazione sotto forma di trailer: ri-uscirà al cinema, in 3D.
Nessuno dei due ha vissuto l’esperienza di un film con gli occhialini.
Lo interpreto come un segno del destino. Andremo a (ri)vedere Titanic. Titanic in 3D. Titanic in 3D al cinema, quindici anni dopo.

Sabato è il giorno.
Facciamo scorta di caramelle gommose, patatine e Coca Cola, inforchiamo gli occhiali ed entriamo in sala dopo aver pagato il biglietto (che costa circa 13 euri compresi con gli occhiali, con un aumento -in quattordici anni- del 400% circa, sul prezzo del biglietto).
Intorno a noi, lo stesso pubblico eterogeneo di allora: ragazzine che non hanno mai visto il film (tra l'altro ci sono dei forum online sul film MERAVIGLIOSI redatti dalle stesse, ndV), famiglie, coppie in cui Lui è trascinato da Lei (come noi), gente che è lì solo per criticare, coppiette di bimbomynkia che cercano nel buio l’occasione per il pomicio facile, profani e adoratori.
Cala il buio e io mi isolo: non voglio sentire né voci, né ovazioni.
Già sui titoli di testa mi mordicchio il labbro che la sensazione di flashback è fortissima, quasi mi pare di avere accanto la me stessa tredicenne. Saranno tre ore lunghissime, già lo so.
Scopro che non potrò mai più vedere un film catastrofico senza 3D, che l’effetto che provi è come essere lì, in scena, fra Kate e Leo, sentendomi anche io un po’ Rose Dewitt Bukater.
Rose anziana (che, scopro da Wiki, è passata a miglior vita due anni fa), il ritratto ritrovato, la partenza del transatlantico, loro che si conoscono, la cena di gala: seguo tutto in apnea, mentre Azzurro si mangia tutta l’immensità di caramelle che abbiamo comprato.
Ad ogni scena, continuo a pensare che la versione restaurata è over the top: il film tiene botta al tempo in maniera magistrale, il digitale fa il resto.
Durante l’intervallo, mi accorgo che anche chi indossa quotidianamente la maschera di puro cineasta d’autore, s’è fatto prendere dalla storia più di quanto non voglia ammettere. Mi chiede “e ora che succede?”, gli rispondo nell'unico modo possibile.
Si affonda, per la prossima ora e mezzo. E cerchiamo di sopravvivere!

E sembra di affondare davvero: gli schizzi d’acqua sembrano colpirti, i corridoi hanno una profondità nuova che li rende claustrofobici, si ha quasi la sensazione dell’acqua gelida sulla pelle.
Si arriva al rush finale: la nave sta affondando, resta solo da scoprire chi e come si salverà. Non ce la faccio a più a mantenere l’espressione compita: mi sono sforzata fino adesso, ma ora non più. Lenti, scivolano via due lacrimoni che mi rigano le guance, seguiti da altri ed altri ancora, mentre tiro su col naso.
É un'ecatombe: piango sulla storia, sul tempo che è passato, sulla tredicenne di allora. Sembro una fontana.
Penso anche a come abbia disatteso il mio amore eterno per Leo (che poi a rivederlo era davvero un bambino e non mi pace nemmeno più in questo film. Lo apprezzo più maturo e barbuto, com'è oggi, anche se sta con Blake Lively, ndV).
Non sono mai pronta, al finale.
Nessuno lo è, tant’è che non si leva la solita pantomima dell’applauso in sala (che non ho mai capito: chi si deve appaudire? La maschera? L’operatore di pellicola?), ma si sentono solo nasi tirare su e silenzio.

Si riaccendono le luci. Sembro un panda, che mi è colato tutto l’eyeliner (sì, lo so, sarebbe stato meglio non truccare gli occhi. O almeno usare del waterproof, machevidevodì, credevo di reggerlo, l’impatto emotivo!), il mascara e la matita che si sono impastati con il fondotinta che vi lascio solo immaginare.
Almeno, a 13 anni non ero mica trucctaa!

*Che poi, secondo me, a definirla "inaffondabile", gliel'avevano proprio gufata!

sabato 14 aprile 2012

San Lele Mora da Bagnolo di Po.

Piove (governo ladro).
Accendo la tv e c'è Verissimo.
La figlia di Lele Mora è intervistata da Madama Toffanin in Berlusconi (ie piacerebbe! E invece no, il Dudi mica se la sposa!).
Viene fuori che Lele Mora è un brav'uomo, triste, che ha perso 30 kg (che non mi pare che sia una tragedia), vittima della giustizia, che sta una cella piccolina e che soffre.
Insomma una specie di San Suu Kyi, italico.

Roba che mi vengono i brividi.
D'altro canto, ha commesso solo il reato di bancarotta fraudolenta, dice la figlia.
Già, solo.
Infatti ha evaso milioni di euro, fallito, pagato tangenti ed indagato per spaccio ed induzione alla prostituzione, roba da niente.
Quando avrò un figlio, lo contatterò per fargli da baby sitter.
Che poi si sente dire che la televisione, in Italia, non è serva del potere.

(Se esiste qualcuno che ancora non l'ha visto, consiglio in merito Videocracy . Giusto per cultura personale, eh!
Così ci si può godere il buon Lele Mora in versione ricco e grasso che fa lo splendido con i tronisti della Maria De Filippi e che fa sentire la sua sobria suoneria del cellulare)

mercoledì 11 aprile 2012

Il primo amore non si scorda mai

Poi la Pasqua è passata, ma in realtà non me ne sono nemmeno accorta, che sembrava di trascorrere il ponte dei morti (che poi sono i santi, ma da noi si dice "i morti"), invece che la santapasquadinostrosignorerisorto.
Di tutto quello che volevo fare, non ho fatto gnente.
Talmente gnente, che mi sono ritrovata a guardare il film di Dylan Dog.

Ora.
Dylan Dog è uno dei miei amori giovanili (secondo solo a Topolino) che non si sono persi con l'età adulta e che sono poi diventati una vera e propria passione (che, tanto per dire, con uno così non dispiacerebbe nemmeno).
Mi sono innamorata leggendo dalla collezione di mia cuggina (all'epoca adolescente) il n°34 "Il Buio", quando avevo 10 anni e non riuscivo a cogliere le citazioni-il pulp-le metafore. Mi colpirono però i disegni, le donne nude (prima di allora, la mia esperienza con il fumetto era circoscritta a Topolino e, botta di femminilità, Minnie&Company) e la paura tangibile (tant'è che poi dormii per un mese con la luce accesa).
Da lì in poi, ogni volta che potevo, leggevo un albo: ogni volta c'era Dylan bello (d'altro canto è ispirato a Rupert Everet alla prima maniera, dell'epoca in cui si era ancora convinti che George Michael non fosse gay) e tanto tenero, una figa che s'innamorava di lui e con cui faceva all'ammòre (e che io provavo a disegnare), un componente horror che non finiva mai del tutto e che mi lasciava con le palpitazioni.

Da adolescente lessi tutti i numeri, in fila. Coglievo le citazioni, copiavo qualche perla di filosofia spicciola sul diario (che noi, giovani ante facebook, le citazioni le scrivevamo sulla smemoranda con i pennarelli e i brillantini, mica sulla bacheca virtuale!), se ne parlava con i tipi un po' decadenti della scuola (che DD era un fumetto da pseudo-intellettuali), ragionavo sul numero 74 "Il lungo addio" decretandolo il numero migliore in assoluto e aspettavo con ansia i numeri speciali a colori (in quel periodo il 100 e il 121, gli altri ero già abbastanza adulta per notare il sovrapprezzo, prima che le tavole a colori).

Oggi, mi piace meno, è diventato un po' troppo ripetitivo, ha abbandonato l'orrore per abbracciare il genere thriller, ma ancora lo compro quando capita. Dylan è una specie di vecchio amico, mi ha dimostrato che esistevano fumetti per adulti ed è stato l'iniziatore che mi ha mostrato cosa ci fosse al di là dell'infanzia.

Con pregiudizio, vedo che il film su di lui (non Della morte Dell'amore, ma il film vero!) è disponibile su Sky. Fuori piove, io son sola a casa, perchè non provarci? Una possibilità l'ho concessa anche al seguito di "Via col Vento" (per la cronaca ,"Rossella" è una cagata pazzesca!), non posso rifiutarla a Dylan.

GRAVE ERRORE.
Non è un film per i lettori del fumetto (celo). Non è un film per gli amanti dell'horror (manca). Non è un film per chi ama la comicità all'inglese (celo). Non è un film per chi apprezza l'adrenalina (manca). Non è un film per chi ama gli effetti speciali (celo).
É un film per i fan di Buffy-L'ammazza vampiri (che non ho mai visto per più di 6 minuti consecutivi) (manca).
Senza spessore, senza trama (inteso come intreccio), senza valore per chi ha superato i sweet16 da più di qualche ora, essenzialmente già visto e già sentito.
Praticamente degno del ciclo "Alta Tensione" di Canale5, ma rivolto al target della MTV generation.

E non lo dico da purista del fumetto, lo dico da spettatrice che non riesce ad appassionarsi, che si aspetta qualcosa da un titolo che conosce (tipo suspance, atmosfere dark, introspezione) e non un ragazzetto belloccio che imbraccia un fucile e spara -nell'ordine- a: zombie, vampiri, licantropi (le streghe, no? Perchè questa discriminazione? Voglio parlare con il direttore!) senza alcun motivo che vada oltre il dualismo buono-cattivo.
Manca di tutto quello che va oltre, in pratica di una sceneggiatura, che possa reggere sullo schermo per la durata di un film (e non di un videoclip) e possa dare ai personaggi un carattere, una carica, un qualcosa che li possa definire verosimili (e non parenti stretti di Action Man).

Più che altro si poteva evitare di chiamarlo "Dylan Dog" e di usare lo stesso lettering, che io almeno mi risparmiavo un paio d'ore di brutto cinema (amici della Bonelli, spero vi abbiano pagato profumatamente i diritti d'autore, visto lo scempio) e mi guardavo una puntata di "Abito da Sposa cercasi".

Dylan perdonali, perchè non sanno quello che fanno.