lunedì 9 settembre 2013

Pechino Express, stavolta si va a Bangkok (HELP WE!)

In televisione (e nel mio cervello) autunno is the new capodanno, si sa.
Finite le infinite repliche dell’Ispettore Derrick e della Signora in Giallo, chiusi i vari programmi intitolati tutti "E... state", si riparte con il nuovo palinsesto senza farsi mancare la certezza di Carlo Conti alle 19, dell’imperitura Maria alle 15 e della farfallina di Belen a qualunque ora e su qualunque canale.

L’anno scorso, di questi tempi, si palesò sui rai2 il miglior programma dell’anno (The Voice, scansati!): Pechino Express; dieci coppie (più o meno famose), partivano da Haridwar e dovevano percorrere 10.000 km in autostop attraversando India, Nepal e Cina fino ad arrivare a Pechino, con un euro al giorno per mangiare.

Il programma, partito in sordina e cresciuto di puntata in puntata, è semplicissimo ma mai noioso ed estremamente godibile: al grido di Please! Please Please! Can you help?, abbiamo visto la magnifica Simona Izzo ottenere ospitalità in albergo facendo leva su i’m a ex big star television, le veline chiedere  left, right or dritto? e Costantino Della Gherardesca e Barù prendere la scabbia dopo una notte all’addiaccio (leggi: un lavoro di casting esemplare!).

Definito erroneamente “reality”, si tratta in realtà di un gioco: già registrato, è tutto montato ad arte (veloce, ironico, zero simposi sul niente), privo di studio televisivo, completamente on the road e non s'indugia su momenti inutili solo per riempire le due ore di puntata.

L’anno scorso, oltre ad essere una novità, Pechino Express aveva un grosso handicap aggiuntivo: Emanuele Filiberto di Savoia come conduttore. Che poi non se l’è cavata nemmeno male, ma non ha certo stimolato i diffidenti alla visione (reality? Emanuele Filiberto? NO GRAZIE!).
Ma quest’anno il pubblico non deve più temere l’odioso principe; la conduzione è passata al vincitore morale della scorsa edizione aka Costantino Della Gherardesca, ironico e sarcastico è stato l’idolo delle folle: indimenticabile la rivalità con i Pizza (In Cina, i Pizza non potrebbero entrare perché i cinesi non amano i coglioni), il sarcasmo (Questa zona della Cina somiglia ad una rurale Cologno Monzese), l’ipocondria (temo di aver preso la lebbra!) e le battute con Barù (-Sono venuto fino in Cina per scappare dalla famiglia e loro mi mandano una lettera! -Meglio di Equitalia!).

Ebbene, ieri 8 settembre (settant’anni dopo l’armistizio. Che non sia un caso?) siamo partiti con la nuova edizione di Pechino Express: le otto coppie raggiungeranno  Bangkok, partendo da Hanoi, passando per Vietnam, Cambogia, Laos e Thailandia.

Salta subito all’occhio colei che sarà la regina del live tweeting serale: la Marchesa, meravigliosa donna di decaduta nobiltà con le perle al collo, che abbiamo visto prima credere che ci sarebbe stato un autista ad accompagnarla, poi con fare autostop con i guanti bianchi, poi cadere in acqua ed essere derubata da una pescivendola vietnamita, infine chiedere ospitalità in albergo (Simona Izzo docet!) offrendo in cambio, la possibilità di mettere una targa “la Marchesa D’Aragona ha dormito qui”. Il tutto parlando quasi esclusivamente italiano (e comunque
mai inglese, in pieno rispetto delle tradizioni), riuscendo ad essere (quasi) sempre compresa. Ovviamente già l’adoriamo tutti: lei, il suo “TRIPLO ORROOOREEE!” e il maggiordomo Gregory con cui fa coppia.

Ad incalzare il regno della Marchesa c’è un’altra donna matura Corinne (S)Clèry in coppia con toy boy di 28 anni più giovane (gerontofilia über alles!) che  si becca ben due schiaffi e la minaccia delle minacce del “se lo rifai ti mando in Italia”, come un figlio qualsiasi. In pratica, un ufficiale nazista (visto che è comunque l’8 settembre!) travestito da protagonista delle commedie sexy degli anni settanta. Inutile specificare che è il faro nella notte di tutte noi donne zerbino.

Sempre del filone vecchie glorie, c’è Massimo Ciavarro (con il figlio), l’uomo che vive di rendita per aver girato due (Sapore di mare 2 e Grandi magazzini)  dei cinque film che riempiono i palinsesti serali estivi, uno degli amanti immaginari delle nostre mamme, insomma la preview di come finirà Gabriel Garko fra vent’anni. Comunque i due, pur cavandosela nel ruolo di pescivendoli, non mi convincono troppo, anche se la faccia da tonto del figlio può riservarci grandi sorprese al livello del Help We! delle indimenticabili Veline del’anno scorso. Non deluderci, Ciavarrino!

Olimpionici (Rosolino, Sensini), Modelle (fighe ma sconosciute), Attori (Alice e Rudy de I Cesaroni, che poi son pure fidanzati, ma i fidanzati c’eran già quindi vabbè, chiamiamoli “attori”!) e Amici (un campione di arti marziali e l’amico, che si fanno coraggio per mangiare la cena vietnamita con un Se sei 'n omo t'ooh magni) non brillano come dovrebbero, ma noi non disperiamo: Bangkok è ancora lontana e noi confidiamo sull’effetto stanchezza.

Inutili (ma rappresentativi che in effetti la laurea non vale proprio gnente!) i Laureati: in difficoltà a fare i conti, in difficoltà a cercare passaggi, in difficoltà a fare tutto sono stati graziati dall’eliminazione, anche se forse non ne avremmo sentito la mancanza. Magari si riscattano, anche se io non ci scommetterei un guanto di pizzo della Marchesa.

E stasera, dopo questa puntata introduttiva (e senza eliminazioni) si bissa, quindi –pena essere derubati come la Marchesa- alle nove tutti pronti a fare del sano livetweeting, che mica vogliamo abbandonare Costantino così, no? #prayforpechinoexpress, SEMPRE.


martedì 20 agosto 2013

Ogni riccio un capriccio

Signori miei, settembre è alle porte: è finita la stagione delle foto di piedini smaltati nelle acque cristalline del Salento-Costa Azzurra-Costa Smeralda-Isole Greche et similia, dei micro short di jeans strappati portati con le converse, dei mojito consumati lungomare durante l'aperitivo.
Salutiamo l’estate con la manina e prepariamoci alle battute sui Green Day via Twitter o FB (Billie it's October!) o, se avete dei following indie, sulle Luci Della Centrale Elettrica (Come back September!).

Nel mio mondo settembre significa solo due cose: taglio di capelli e buoni propositi.
Partiamo dalle cose facili, i buoni propositi.
- Dimagrire (non solo perchè sono culona, ma perchè l'ernia non mi lascia dormire la notte, dal dolore);
- Ginnastica posturale ogni giorno (vedi sopra);
- Trovare un corso (economico) per imparare a cucire e cucire (voglio milioni di vestiti in stile forties);
- Smettere di fumare Fumare meno;
- Vendere un'infinità di oggetti inutili che possiedo, così libero la mia stanza e guadagno qualche spicciolo;
- Andare a Parigi con Azzurro (e andare alla Messa, solo per dire "Parigi val bene una messa”);
- Se andrò a Parigi con Azzurro e se indosserò un vestito anni 40 che mi sarò cucita, in una qualunque discussione con lo stesso, usare l'espressione "Avremo sempre Parigi";
- Trovare una casa con cui vivere con Azzurro;
- Convincere la dirigenza di RAI4 a prendermi come stagista nella redazione di MainStream (Carlo Freccero, sei ancora tu il direttore? Mi leggi? Ho visto tutte le puntate TUTTE in 3 giorni! Prendimi con te, ho idee meravigliose!);
- Provare a mandare un curriculum in RAI (Salve sono Viola, guardo quintali di televisione dai tempi di Vola Mio Mini Pony e da allora sono convinta che abbiate fatto un grave errore strategico, non comprandone i diritti. Vogliamo evitare di reiterare, assumendomi?);
- Non abbandonare il blog.

Detto questo, che onestamente non è nulla di che, arriviamo alle cose davvero difficili: il nuovo taglio di capelli 2013-14.
A questo proposito occorre fare una doverosa premessa: io ho i capelli crespi, tendenti al riccio, nel senso sotto fanno i boccoli (ben definiti, per dire la verità), sopra diventano un’ingestibile massa crespa indomabile per qualunque prodotto non altamente tossico.
E li ho lunghetti, almeno 5-6 cm sotto le spalle, e tali voglio che rimangano, dato che potrebbero servirmi, sia mai che nell'anno del mio triagesimo compleanno diventi anche la sig.ra Azzurro (questa è un’altra storia. Una storia completamente slegata dal mondo reale, al momento. Però non si sa mai, ecco).

Detto ciò, sul colore, ho un'unica certezza: NO MORE SHATUSH.
Lo shatush is over, per me: lo abbiamo visto in ogni modo: simili ricrescita di sei mesi (baluardo delle celebrities nostrane qui qua quo que), delicato (come Angelina), colorato (d'ispirazione punk), sui capelli corti (come la fasulla Violante Placido che sponsorizza la tinta castana) e al contrario (Gwyneth Paltrow lontana anni luce dal suo adorabile taglio corto).
Anch'io ne ho dei residui, ma oggi, in assoluta è piena coscienza dico che ha rotto il cazzo!
Ci rivedremo nelle foto, fra dieci anni, e inorridiremo come quando le nostre mamme vedono le loro capigliature anni 80: se all’inizio era innovativo e figo ora basta, per me è un no.
Urge quindi individuare un taglio lungo,  adatto ai miei capelli castani, che sia gestibile sui miei capelli crespi.

Guardo Miranda Kerr, nostra signora dello stile (e patrona delle mogli degli uomini fighi), in cerca dell'ispirazione.
Spulcio pinterest, senza trovare soddisfazione.
Googlo Long Cut Hair, senza nessun risultato.
Non c'è una Katie Holmes qualunque, a guidarmi nel taglio radicale del 2010 (Katie, appena non dovrò più fare l'acconciatura, lo rifarò, te lo prometto!), nè una magrissima Keira Knightley a illuminare un caschetto mosso sbarazzino come nel 2011 (tra l'altro, Keira è indiscutibilmente la sposa più bella del 2012), nè un taglio di transizione per farli crescere come nel 2012 (Reese Witherspoon docet).
Niente amici, niente.
E non ho posso portare alla mia fidata parrucchiera di paese la foto di Leighton Meester, perchè lei mi brontolerebbe e mi direbbe "allora vuoi solo la piega?".
E io non voglio solo la piega, io voglio un taglio figo e che possa gestire.
Con un colore figo che non mi faccia sentire una badante trascurata.

E vorrei pure che qualcuno m'insegnasse a fare la piega boccolosa per bene (tentativi falliti: magic leverag, bigodini normali, torchion spruzzati con acqua e sale, ciocchette fermate con i becchi d'oca, trecce, fascia alla rambo con le ciocche fermate intorno).
Okay, mi comprerò il ferro.

Resta però l'annosa questione del taglio.
Non è che per caso avete una modella strafiga che io non conosco, da suggerirmi? Un'attrice in scesa? Una starlette d'oltre oceano con dei bei capelli?
In cambio, oltre alla mia sempiterna gratitudine, potreste avere la gloria nell'aldilà.

giovedì 8 agosto 2013

Summertime

L’agosto a casa.
L’agosto al lavoro.
Il ferragosto come unico giorno di tregua, mentre gli altri si affollano sui bagnasciuga del mondo.
Un bilancio che si approva troppo presto.
Le mattinate a fare scritture contabili, ascoltando gli Oasis e i 360° in un altalena musicale tremenda.
La lattina di Coca Cola personalizzata che non ho.
La città che prima era deserta per ferragosto e ora, grazie alla crisi, rimane immutata e ti toglie la sensazione di essere un’eroina sopravvissuta all’ecatombe nucleare.
La canzone perfetta da cantare di prima mattina, che alla radio non passa mai.
I bambini che nascono.
Il concerto di Jovanotti gratuito a Cortona, che avrei ballato come una pazza se solo ci fosse stata un po’ di partecipazione.
Bryan Adams,  la sua “Estate del 69” e “Tutto quello che fa” e chissà se fa i concerti d’estate.
La sabbia nelle scarpe, ormai reperto di un luglio finito.
I minigolf che qui non ci sono e chissà perché sono concentrati solo al mare.
Twitter pieno solo di foto di spiagge, aperitivi sulla spiaggia, feste sulla spiaggia e qualunque cosa ma sempre sulla spiaggia.
I tulipani che fioriscono solo in primavera e ora, se vuoi i tulipani, mica li trovi.
Il gelato che lo mangio e poi mi sento in colpa che ingrasso, che mica ero così grassa due anni fa.
Gli amici che si fermano una notte e sembra quasi vacanza.
“Ovunque ma non qui”ma anche “Questa è la mia casa”.
Le estati da lavoratrice che ancora non mi sono abituata, nonostante abbia compiuto cinque anni di lavoro proprio qualche giorno fa.
Le stelle cadenti che non si vedono mai quando hai un desiderio pronto.
La stella cadente che ho visto, nell’unico secondo in cui ho alzato lo sguardo, ma non avevo un desiderio pronto e c’ho messo troppo a realizzarlo e secondo me qualcuno me l’ha fregato.
Il caldo e le piscine troppo affollate.
L’estate che ami ma forse quest’amore non basta più.

L’estate.

mercoledì 19 giugno 2013

Maturità t'avessi preso... dopo!

Non ho mai avuto gli incubi sulla maturità, né prima, né durante, né dopo.

Non avevo paura, ero emozionata quello sì.

Dieci anni fa, oggi, anch’io entravo in quel liceo che nell’atrio ha un’inquietante scultura ai caduti per la patria, che portava ancora l’epigrafe “Liceo Regio”, che aveva fatto da sfondo alla soddisfazione di compiti riusciti e alla delusione per storie finite e che quel giorno sarebbe stato la scenografia della mia (nostra) maturità.
Mi ricordo però che era caldo, tanto: fu l’estate più calda dal 1878.

Il nostro preside si era raccomandato di presentarsi vestiti decenti (disse esattamente così: ragazzi presentatevi in abiti decenti), io avevo la camicia azzurra, la gonna a tubo di jeans blu scura (really?), la catena al collo (residuo del mio periodo finto punk, ma ormai un portafortuna assoluto) e i sabot rossi, orribili, dell’adidas.
In braccio, lo Zingarelli.
Sulle spalle lo zaino con dentro due replay nere (odiavo il bianchetto, io scrivevo con la penna cancellabile, come alle elementari), le sigarette, una bottiglia d’acqua, la pizza sfoglia comprata da mia mamma (che era molto più agitata di me e passò la notte insonne, al contrario mio), il lettore cd con la compilation chiamata -in una botta di creatività- “Maturità t’avessi preso prima”, l’Aulin e il diario, che non si sa mai che ci sia bisogno.
Mica lo sapevamo che aveva ragione Venditti, che era l’alba del giorno dopo.

Non avevo paura, ero curiosa di vedere come mi sarebbe sembrata la scuola quel giorno, quello sì.

La mia classe era nel corridoio davanti all’aula magna, nel punto in cui la scuola diventava un bunker e non prendevano né la radio, né il cellulare.
Il cellulare depositato all’ingresso in piena onestà, Piero il bidello che fumava le Nazionali senza filtro che dava la pacca sulla spalla a tutti e diceva “in bocca al lupo”, come se fossimo tutti figli suoi.

Non avevo paura, ero convinta che il tema di letteratura mi avrebbe salvata, quello sì.

Le risatine in attesa che i carabinieri portassero il plico, le voci dell’ultimo minuto, “faccio il tema di letteratura, solo se non è Pirandello”.
(Ovviamente era Pirandello.)
La Laura seduta davanti a me, la Stefania e la Sara di fianco, in formazione da guerra. Il quartetto compatto, quelle che scambiavano per sorelle anche se non ci somigliano in niente.

Non avevo paura, ero sotto pressione quello sì.

Poi, con i fogli in mano e leggendo “Prima Prova - Sessione Ordinaria 2003”, mi rendevo conto d’un tratto che era tutto reale, che stava succedendo veramente  e che io, arrivata in quelle aule poco più che bambina senza seno e con i capelli cortissimi, ero una (quasi) donna e stavo davvero affrontando l’esame di stato.

Non avevo paura, avevo voglia di fare al meglio, di spaccare tutto, quello sì.

Passai la prima ora a leggere tutte le tracce minuziosamente (non credo di aver mai letto così lentamente) e le successive quattro a scrivere. Per la prima volta in vita mia scrissi prima la brutta copia, poi la “bella”.
Ogni tanto ci si scambiava qualche parola con le altre, che durante il tema non c’è mica da copiare e pure i professori erano rilassati. Ci fu sicuramente anche qualche battuta, anche se non le ricordo più.
Il mio tema  era quello sulla carenza d’acqua nel mondo: cosa si può scrivere a riguardo che non sia ancora detto? (Le altre possibilità erano peggiori, vi dico solo che c’era il tema su “La Famiglia”. Sì, all’esame di stato il tema sulla famiglia. Competenza a mille al ministero, eh?!)
Non scrissi troppo banalità, e un paio di riflessioni le reputavo anche discrete.

Non avevo paura, ero insicura della qualità del mio scritto, quello sì.

Consegnandolo, mi sentivo svuotata, di colpo come se fossero passati 5 giorni, invece che 5 ore (no, non ho sfruttato le 6 ore a disposizione, mi faceva caldo e soprattutto avevo fame!).

Ma non avevo paura.

Oggi, puntuale come un orologio svizzero, una delle mie più care amiche mi scrive un messaggio, spersa in un isolotto in mezzo al mediterraneo “E comunque sono dieci anni dalla maturità”.
Riprendo la compilation di allora e nell’ordine ascolto Notte prima degli esami, La dura legge del gol, Nothing else matters e Redemption Song che sono la combo perfetta per una crisi di  paranoia senza eguali.
Le rispondo con “la matematica non sarà mai il mio mestiere”, che mi sarebbe piaciuto fosse vero.

Paradossalmente ho molta più paura oggi.