lunedì 9 luglio 2012

Jack Frusciante è uscito dal Gruppo. Ma il Gruppo regge ancora alla grande!


Standing in line
To see the show tonight
And there's a light on
L’Heineken Jammin’ Festival è un’esperienza: è un tripudio di luci, gente, colori e musica che raramente si vive in un contesto così rilassato.
C’era l’afa, ma non era insopportabile.
C’era gente ma non la calca.
C’era aria di festa, ma non sguaiata.
C’era musica, quella sì, tanta e bella, di quel rock che piace a me, che mi porta ricordi e sensazioni, che mi fa saltare e cantare a squarciagola in mezzo a migliaia di sconosciuti.

Siamo entrati che sul palco già si suonava, accaldati e stanchi da 400 km macinati in treno per essere là, dove avrei tanto voluto essere dieci anni fa ma non c’ero (Azzurro sì, per la cronaca). Il tempo di un giro per gli stand, per farsi le mani a tema (ho una manicure con le note musicali, ndV), per prendere una bottiglia d’acqua e i led cominciano a illuminarsi, interrompendo gli spot sul sesso sicuro (welcome back, 90’s!), la musica richiama, si sente elettricità.
Ho un fiammante biglietto per Noel Gallagher e i Red Hot Chili Peppers, in pratica un tributo ai nostri migliori anni, quelli che eravamo ragazzini ed era tutto tanto rock, da sembrare un film.
Please don't put your life in the hands
Of a Rock n Roll band
Who'll throw it all away
Noel Gallagher, in polo e occhiali da sole, sale sul palco. Il 50% degli Oasis è davanti a me. Brividi.
In realtà fa un po’ troppo il fighetto, non parla (se si esclude uno GIAO ITAGLIA!), ogni tanto si ferma per bere la birra che sponsorizza l’intera baracca, suona principalmente le sue canzoni. E infatti, salvo qualche ragazzina infoiata, metà della gente ascolta ma non partecipa. Noel, noi siamo cresciuti con gli Oasis. Suona i tuoi pezzi storici, con buona pace dei tuoi High Flying Birds. Wonderwall, Noel, suonaci Wonderwall!
Alla fine cede, ma non suonerà Wonderwall (si capisce che ci sono rimasta male?), ma tirerà fuori degli evergreen come Whatever, Little by little e Don’t look back in anger che infiammano il pubblico. E io urlo, urlo su Little By Little, come se avessi ancora quindici anni, come se non mi accorgessi che a lui girano le palle di dover suonare le canzoni vecchie, come se non notassi che lui è bravo, ma di voglia di suonare non se ne parla.
Quando saluta ed esce dal palco, io sono già senza voce e stremata.
E il bello deve ancora venire.
Come to decide that the things that I tried
Were in my life just to get high on
Si aspetta, poi, sdraiati sul tappeto di erba sintetica, si ride e si suda, ci si riposa in previsione di quello che sarà. Quando il led diventa rosso e compare l’asterisco, noi siamo accanto al mixer, fra i ragazzini e i padri di famiglia: già, perché i ventenni di Blood Sugar Sex Magik oggi sono quarantenni con famiglia. E poi ci son quelli che hanno sentito da preadolescenti Californication e ora hanno vent’anni.
E poi ci siamo noi che abbiam fatto in tempo a vedere John Frusciante uscire dal gruppo, rientrarci e uscire di nuovo.

(Digressione. Essì vecchio Alex, John poi c’è pure rientrato nel gruppo, qualche hanno dopo la partenza di Adelaide. E dopo gli splendori commerciali degli anni 2000 è uscito di nuovo. Ora c’è Josh Klinghoffer, che non sarà Frusciante, ma se la cava discretamente. Stammi bene, Alex. Fine Digressione)
Mi giro e alle mie spalle vedo una distesa sterminata di teste: la mattina dopo leggerò che eravamo quasi trentamila, ma sul momento non me ne sono resa conto, che avevo abbastanza spazio, anche per ballare.

Azzurro non sta più nella pelle, già canta senza musica e un gruppo di ragazzi vicini, canta con lui. Concerto nel concerto, metaconcerto.

Buio.
Applausi e grida.
Riflettori sul palco.

Ed eccoli qui, questi uomini di mezza età che sembrano ventenni sul palco, che attaccano con un pezzo nuovo (Monarchy Of Roses), mentre la folla si dimena, come in una festa.

Can't stop addicted to the shin dig
Cop top he says I'm gonna win big

Ora, sarà che io i Red Hot Chili Peppers non li avevo mai visti dal vivo, sarà che anche se non sono il mio gruppo preferito li ho sempre ascoltati, sarà che alcune canzoni (no, non Under The Bridge) sono legate a determinati momenti della mia adolescenza, sarà quello che volete, ma sono rimasta sconvolta da quanto siano bravi.
Perché tenere a ballare trentamila persone senza troppi orpelli scenici, non è da tutti.

Flea è qualcosa di stratosferico: per un’ora e mezzo non si è fermato mai, dai salti alle verticali, alle battute (che io non le capivo), è un animale da palco. Chad Smith rulla di continuo, quella batteria la sentivi anche quando è saltata una parte dell’impianto. Il già citato Josh Klinghoffer è bravo, sa stare con i ben più navigati colleghi senza perdersi e quando improvvisa con Flea è da strapparsi i vestiti. E soprattutto il controcanto che fa a Can’t Stop, non mi fa rimpiangere il suo predecessore, che per me è roba grossa. Antony Kiedis è un po’ sotto tono (con qualche stecca qua e là) ma regge perfettamente i sedici pezzi senza prendere mai fiato.

Ballo, salto mentre penso che un live così non l’ho mai visto, nemmeno ai gloriosi tempi dei festival gratis.

Le canzoni nuove le conosco meno, Snow (Ehy Oh) è la mia canzone preferita fra le recenti e faccio una sudata per ballarla tutta, su Scar Tissue mi accorgo di avere un decimo della voce che avevo qualche ora fa, su Dani California salto tanto che un ragazzetto mi chiede “ma come fai?”, quando attacca Under The Bridge è impressionante il silenzio che accompagna l’intro e poi è un fiorire di accendini e ipod, Californication è casino, Fire è roba da addetti ai lavori che mi accappona la pelle.

Give it away give it away give it away give it away now [x 3]

Siamo alle battute finali, si sente. L’ultimo pogo, sciolgo i capelli impiastricciati di sudore e balliamo come se non ci fosse domani su Give It Away. Salutano e ringraziano e io penso che voglio rivederli e che è stato fantastico. Fanculo alla mia età anagrafica, ai dolori alla schiena per le ore in piedi, alla stanchezza del viaggio, ai giorni di ferie.
È stato IL concerto. Esticazzi.
Come dicevano sul Corriere Della Sera, peccato per chi non c’era.

1 commento:

  1. Cavolo che concertone!
    Complimenti ragazza. Te lo porterai per sempre nel cuore, garantito.

    Un giorno andrò a vederli anch'io...

    Peccato davvero per chi, come me, non c'era.

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